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Trust e recupero crediti: scudo infrangibile o illusione?

Trust creditori

La verità sulla protezione dei beni conferiti in trust e gli strumenti legali a disposizione dei creditori. Una guida tra miti di invulnerabilità e realtà giurisprudenziali.

Nel mondo del recupero crediti, il trust viene spesso visto (soprattutto dai debitori) come una sorta di fortezza inespugnabile. Trasferire i propri beni in un trust significa, almeno nelle intenzioni di chi lo costituisce, farli “sparire” dalla propria disponibilità e metterli al riparo da pignoramenti e sequestri. Del resto, come osservava Niccolò Machiavelli, “Gli uomini dimenticano piuttosto la morte del padre che la perdita del patrimonio.” In altre parole, molti debitori sono pronti a tutto pur di salvare i propri beni dalla morsa dei creditori. Ma è davvero infallibile il trust come arma di protezione patrimoniale? Oppure i creditori hanno comunque frecce al loro arco per colpire anche dietro lo schermo di un trust? Analizziamo la questione in dettaglio, con un linguaggio chiaro ma tecnicamente accurato, alla luce delle novità normative e giurisprudenziali più recenti.

Cos’è il trust e come “protegge” i beni

Il trust è un istituto giuridico di origine anglosassone introdotto in Italia tramite la Convenzione dell’Aja del 1985 (recepita con L. 364/1989). In parole semplici, attraverso un trust una persona (detta disponente o settlor) trasferisce la titolarità di determinati beni a un trustee (amministratore di fiducia), affinché li gestisca nell’interesse di beneficiari designati o per realizzare uno scopo specifico. La caratteristica fondamentale del trust è la segregazione patrimoniale: i beni conferiti nel trust formano un patrimonio separato rispetto sia al patrimonio personale del disponente, sia a quello del trustee, sia a quello di eventuali beneficiari. Questo significa che, in via di principio, i creditori personali del disponente (cioè colui che ha costituito il trust) non possono aggredire i beni che ormai sono formalmente di proprietà del trustee e vincolati allo scopo del trust. Analogamente, neppure i creditori personali del trustee possono toccarli, poiché quei beni non rientrano nel patrimonio del trustee stesso.

Facciamo un esempio concreto: un imprenditore, temendo che i debiti aziendali possano un giorno intaccare i beni di famiglia (casa, risparmi, immobili), costituisce un trust e vi trasferisce tali asset, nominando come trustee una società fiduciaria. Da quel momento, quei beni non sono più legalmente suoi, e se un creditore tenta di pignorare la casa o il conto inseriti nel trust, sulla carta troverà un “muro”: il debitore non risulta più proprietario, il proprietario è il trustee che li detiene per fini di trust. Una bella fortezza, apparentemente. Tuttavia, è fondamentale distinguere tra protezione patrimoniale lecita e frode ai creditori. Pianificare per tempo la destinazione dei propri beni, quando si è in bonis e senza intenti illeciti, è legittimo; al contrario, correre ai ripari all’ultimo minuto, spostando beni in un trust quando i creditori sono ormai alle porte, suona molto come un tentativo di sottrazione fraudolenta. In questi casi, la legge non resta a guardare.

Trust vs creditori: i limiti imposti dalla legge

Il principio generale del nostro ordinamento è che “il debitore risponde dell’adempimento delle obbligazioni con tutti i suoi beni presenti e futuri” (art. 2740 c.c.). Strumenti come il trust creano un’eccezione a questa regola, separando alcuni beni dal resto del patrimonio del debitore. Ma tale eccezione opera entro confini ben precisi. Se il trust viene utilizzato in modo scorretto, cioè per sottrarre risorse alla garanzia dei creditori, esistono rimedi giuridici che permettono di rendere inefficaci quegli schermi.

Il rimedio tradizionale è la azione revocatoria ordinaria (art. 2901 c.c.), nota anche come actio pauliana. Si tratta dell’azione legale con cui un creditore chiede al tribunale di dichiarare inefficace nei suoi confronti un atto di disposizione del patrimonio compiuto dal debitore in pregiudizio delle sue ragioni. L’esempio classico: Tizio mi deve dei soldi, ma prima che io riesca a pignorargli la casa, lui la “regala” a un amico o la conferisce in un trust per non farmela trovare intestata. Se riesco a provare che quell’atto ha leso il mio credito (e, nel caso di atto a titolo gratuito, basta provare che il debito era anteriore), posso ottenere una sentenza che revoca l’atto, rendendolo inopponibile nei miei confronti. Questo non “annulla” il trust in sé, ma fa sì che, per me creditore, quei beni tornino aggredibili come se il trust non ci fosse mai stato. La Cassazione ha recentemente confermato che l’azione revocatoria può colpire sia il trasferimento di beni nel trust, sia lo stesso atto istitutivo del trust: in una causa del 2023, i giudici hanno stabilito che l’azione può essere proposta anche contro l’atto istitutivo, quando esso è parte integrante del disegno fraudolento di separare i benigalvanifiduciaria.itgalvanifiduciaria.it. In pratica, non ha importanza quale “passo” del trust viene impugnato: se c’è stata frode, qualsiasi segmento della costruzione negoziale (dal conferimento dei beni al trust in poi) può essere dichiarato inefficace verso il creditore. Cass. civ., Sez. I, ord. n. 25964/2023 ha messo in chiaro questo punto, chiudendo la porta a furberie: non basta intestare i beni al trustee e dire “il trust è un negozio distinto, non potete revocarlo”, perché anche l’istituzione stessa del trust rientra tra gli atti attaccabili.

Accanto alla revocatoria ordinaria – che richiede comunque un giudizio in tribunale, con i suoi tempi – il legislatore ha introdotto un’arma ancora più potente e rapida: l’art. 2929-bis c.c.. Questa norma, in vigore dal 2015, permette al creditore di saltare a piè pari la causa di revocazione in alcuni casi di atti dispositivi a titolo gratuito. Se il debitore ha costituito un trust (o compiuto altra disposizione gratuita) dopo che il credito era già sorto, il creditore, entro un anno dalla trascrizione dell’atto, può procedere direttamente al pignoramento dei beni trasferiti senza dover ottenere prima una sentenza di inefficacia. In altre parole, l’onere si sposta sul debitore (o sul trustee): saranno loro eventualmente a dover fare causa dopo, per contestare il pignoramento, ma intanto il creditore può bloccare subito i beni. È una sorta di revocatoria “automatica”, studiata proprio per evitare che i creditori restino impantanati per anni in giudizio mentre i furbetti occultano il patrimonio. Naturalmente anche questa procedura ha dei limiti e va valutata caso per caso con l’assistenza di avvocati esperti, ma è un segnale preciso del legislatore: chi trasferisce beni in trust per sottrarli ai creditori corre il rischio di vederseli pignorare all’istante.

Trust simulato, sham trust e mala fede del disponente

Non tutti i trust sono uguali, e la legge li scruta con attenzione per capire se dietro c’è sostanza o solo forma. Esistono i cosiddetti sham trust (trust simulati o “di facciata”): casi in cui il trust è istituito solo pro forma, ma in realtà il disponente continua a gestire e godere dei beni come nulla fosse. Ad esempio, il trust autodichiarato – in cui il disponente nomina sé stesso come trustee – pur lecito in astratto, può facilmente diventare uno schermo fittizio se non c’è un reale cambio di gestione dei beni. La Cassazione penale, occupandosi del reato di sottrazione fraudolenta al Fisco, ha definito il trust autodichiarato dove il disponente mantiene il controllo uti dominus come “un negozio giuridico simulato” volto a ingannare i creditori. In ambito civile, al di là del lessico, il concetto è analogo: se si dimostra che il trust non ha una causa reale (uno scopo vero) e serve solo a mascherare la permanenza dei beni nella disponibilità del debitore, il giudice potrà rilevarne la simulazione o comunque disattenderne gli effetti verso i creditori. Cass. civ., Sez. Un., sent. n. 19376/2019 già affermava che nel valutare l’opponibilità del trust ai creditori bisogna guardare alla sostanza: se il settlor rimane di fatto padrone e beneficiario unico, il trust potrebbe non reggere al vaglio. E più di recente la giurisprudenza continua su questa linea. Anche in sede fallimentare, ad esempio, è stato stabilito che i beni in trust non sono esclusi se il trust è privo di genuinità o se costituito dopo il sorgere dei debiti poi sfociati in fallimento (in tali casi si può configurare perfino bancarotta fraudolenta). Insomma, il guscio vuoto non protegge nulla: un trust fasullo o meramente apparente verrà trattato per quello che è, cioè un escamotage inefficace.

Trust con legge straniera: conta la sostanza, non la bandiera

Molti trust vengono istituiti scegliendo come regolamento una legge estera (ad esempio di paesi come Jersey, Malta, l’Isola di Man ecc.), pur avendo beni e parti tutte in Italia. Sono i cosiddetti trust interni con legge straniera. La speranza di alcuni debitori è che, invocando una legge straniera o clausole di giurisdizione estera, i creditori italiani restino imbrigliati o debbano fare causa all’estero. Su questo punto è intervenuta una pronuncia fondamentale nel 2025 delle Sezioni Unite: Cass. civ., Sez. Un., ord. n. 20745/2025 (deposito 01/10/2025). La Suprema Corte a sezioni riunite ha affermato che quando un creditore italiano agisce in revocatoria contro un trust, è sempre competente il giudice italiano, anche se il trust dichiara di essere regolato da legge straniera o prevede fori esteri. Questo perché la materia coinvolge norme inderogabili di tutela dei creditori e dell’ordine pubblico: l’opponibilità del trust verso terzi segue le regole italiane sulla garanzia patrimoniale, a prescindere dalla legge scelta per il trust. In pratica, non ci si può nascondere dietro un trust estero per sfuggire alla giustizia italiana. Se ad esempio un imprenditore italiano sposta tutti i suoi immobili in un trust delle isole Cayman, i creditori potranno comunque citarlo davanti al tribunale italiano e quest’ultimo applicherà le norme italiane (art. 2901 c.c., art. 2929-bis c.c., etc.) per valutare l’eventuale frode, senza doversi impantanare in complesse questioni di diritto straniero. È un principio cruciale: la “bandiera” scelta per il trust non può frustrare i diritti dei creditori. Del resto, lo stesso art. 15 della Convenzione dell’Aja prevede che le disposizioni imperative del paese del foro (in questo caso l’Italia) prevalgano, e le nostre norme a tutela dei creditori rientrano certamente tra queste.

Conclusioni: mito sfatato e tutela dei creditori

Alla luce di quanto esposto, possiamo tirare le somme. Il trust è uno strumento potente e legittimo di pianificazione patrimoniale, a patto che venga utilizzato in modo trasparente e non fraudolento. È vero, un trust validamente costituito crea una barriera giuridica: i beni segregati non rispondono dei debiti personali del disponente. Ma questa barriera non è indistruttibile. Se un trust viene eretto con l’unico scopo di evitare che un creditore soddisfi il proprio credito, la legge offre a quest’ultimo più armi per abbatterlo: dalla classica azione revocatoria (oggi potenziata e agilizzata per certi versi dall’art. 2929-bis c.c.) fino all’inopponibilità sancita dalla giurisprudenza quando il trust risulta solo cartolare o simulato. In definitiva, chi vanta un credito non deve disperare di fronte a un trust: con le mosse giuste può far valere comunque le proprie ragioni. Allo stesso tempo, il messaggio per i debitori è chiaro: fare un trust all’ultimo momento, magari dopo aver già contratto debiti importanti, è molto rischioso e probabilmente inutile per sfuggire alle proprie obbligazioni. La giustizia tende a “vederci chiaro” e, come dice un noto brocardo latino già ricordato, fraus omnia corrumpit – la frode fa crollare anche il castello più elaborato.

In conclusione, il trust non è una bacchetta magica per rendersi intoccabili, e i creditori informati possono far valere i propri diritti anche in presenza di trust apparentemente blindati. Se ti trovi nella posizione di creditore e sospetti che il tuo debitore abbia occultato beni in un trust, il consiglio è di agire con tempestività e con l’assistenza di professionisti qualificati. Dall’altra parte, se vuoi pianificare il tuo patrimonio in modo lecito, è bene farlo per tempo e con correttezza, per evitare che simili strumenti si ritorcano contro di te in sede giudiziaria.

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